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Una volta che fiato, muscoli, articolazioni siano pronti a correre per davvero, organizzate una prima uscita. Meglio scegliere un posto piacevole, preferibilmente in un bosco, un prato o comunque sulla terra e non su cemento o asfalto (dal punto di vista dell’apprendimento della tecnica di corsa, la soluzione ideale è la sabbia di una spiaggia).
Non scegliete una giornata afosa o gelida, e copritevi bene ma non troppo. Riscaldatevi come già sapete, e cominciate a camminare ascoltando tutto il corpo. La prima seduta vi darà, soprattutto se non avete mai corso o non correte da parecchi anni, utilissime indicazioni su come proseguire l’attività.
Mentre camminate, ogni tanto fate dei passetti di corsa, percorrendo poche decine di metri (20-50 metri per volta). Quando sentite che, dopo aver corso, la respirazione è tornata a ritmi “da passeggiata”, siete pronti per un altro tratto di corsa.
Concludete la seduta con qualche minuto di camminata, mai con la corsa: ricordate l’andamento gaussiano? Un quarto d’ora dopo la seduta, quando ancora siete caldi, un po’ di stretching vi aiuterà moltissimo sia a ridurre eventuali indolenzimenti del giorno dopo che ad avere tendini e muscoli sempre più in forma: in particolare, allungate i polpacci (sia a ginocchio teso che flesso) e la bassa schiena.
Quanto tempo deve durare questa prima seduta? Direi la metà delle vostre ultime passeggiate preparatorie.
Nel corso delle sedute successive potrete, a seconda di come vi sentite, aumentare la durata complessiva della seduta (perché poi si chiamerà seduta?) oppure aumentare la lunghezza dei tratti di corsa. Presto arriverete a correre per tutta la durata dell’allenamento. Comunque vi consiglio sempre la sequenza riscaldamento->camminata->corsa->camminata->
->stretching: è la migliore che si possa concepire.
Come che sia, ricordate che l’andatura dev’essere molto lenta: andare più forte nella prima settimana servirà solo a farvi avere più dolori nei giorni seguenti agli allenamenti. Molto probabilmente la vostra velocità di corsa lenta si aggira tra i 6 ed i 7 minuti per chilometro (circa 8-10 km/h).
Per quanto riguarda la frequenza degli allenamenti, sarebbe una buona idea se poteste fare una seconda sessione (magari più leggera, ad esempio della metà) il giorno seguente al primo allenamento: contrariamente a quanto si può immaginare, in questo modo ridurrete eventuali indolenzimenti muscolari ed articolari.
In generale, vi consiglio di uscire (se potete) almeno due volte a settimana, meglio se tre. Quando avrete una certa familiarità col gesto e non avrete più dolorini del giorno dopo potrete uscire anche tutti i giorni. Quando desiderate aumentare il numero di allenamenti settimanali, aggiungete una seduta ogni due settimane, e nella prima settimana riducete il chilometraggio in modo da fare gli stessi chilometri che prima facevate con un allenamento in meno.
Evitate di uscire a correre con le scarpette appena comprate: nessun corridore esperto fa questo errore. Una scarpa appena comprata, o con cui non avete mai corso, può uccidere chiunque: portate le scarpe nuove, senza lacci, dentro casa per diversi giorni; poi cominciate a portarle allacciate, quindi usciteci per camminare. Solo quando le sentite “vecchie” saranno pronte per i vostri piedi. Chi non corre non riesce ad immaginare quanto danno e dolore possa provocare una leggere frizione ripetuta per un’ora… in certe maratone, atleti poco esperti sono costretti al ritiro dal sanguinamento dei capezzoli che strusciano contro la canottiera da gara! Anche la semplice chiave dell’automobile nella tasca dei pantaloncini può far danni.
Per quanto riguarda il bere, ce ne occuperemo in un post specifico. Per ora vi consiglio di bere solo acqua a temperatura ambiente (cioè se state sotto al sole, anche l’acqua che bevete deve starci), e solo quanto il cuore sia tornato ad una frequenza vicina a quella di riposo. Potete invece tranquillamente sciacquarvi la bocca, o bagnarvi.
Corsa e Frequenza Cardiaca
La frequenza cardiaca di un adulto a riposo varia moltissimo da persona a persona e può essere misurata con un cardiofrequenzimetro come questi. Può oscillare tra i 60 e gli 80 battiti al minuto, ma certe persone arrivano anche sotto i 40. Sotto sforzo strenuo, invece, ci sono persone che arrivano a 220 battiti al minuto ed altre che non hanno mai superato i 180.
Spesso pulsazioni (o “battiti”) al minuto si indica con la sigla ppm.
Quando si corre da qualche mese si nota che la frequenza cardiaca a riposo si abbassa, a volte anche notevolmente.
Questa è una buona cosa, perché il cuore allenato pompa una maggior quantità di sangue ad ogni battito, e riesce quindi a fare il suo lavoro con una frequenza minore. In genere i corridori di lunghe distanze hanno tutti basse frequenze a riposo (minori di 60 ppm).
Una persona che corre da un po’ di settimane o da qualche mese, quando corre ad un’andatura comoda (che per molti oscilla tra i 5′:30″ ed i 6′:30″ al chilometro) potrebbe avere una frequenza tra le 120 e le 140 ppm. A questa frequenza l’organismo utilizza come fonti energetiche glucosio ed acidi grassi senza praticamente produrre acido lattico: si tratta di un’attività che può essere protratta anche per ore.
Sui libri si trovano semplici formulette aritmetiche per stabilire, per ogni età, a che frequenza cardiaca dovrebbe correre ciascuno di noi: ve le risparmio. Ho il sospetto che gli autori le propongano per mettersi la coscienza a posto ed evitare di far fare sforzi eccessivi a qualcuno…
Il mio consiglio è questo: correte lentamente, senza forzare, ed aspettate di migliorare un po’: nella corsa lenta e lunga si riesce molto velocemente ad aumentare il chilometraggio. Una volta che riuscite a correre per 40 minuti o più, ed arrivare relativamente freschi, con una frequenza cardiaca che non supera le 145 ppm, potrete decidere di fare dei tratti più velocemente, o fare allenamenti a diverse velocità.
Non è vero, come dicono in tanti, che nell’utilizzo della corsa lenta e lunga come ausilio per il dimagrimento è necessario andare alla minore velocità possibile. Chi sostiene questa tesi fa notare che più la frequenza cardiaca durante l’allenamento è bassa, più l’organismo utilizza acidi grassi anziché glucosio (anche se una certa quota di glucosio viene impegnata immancabilmente). L’osservazione è corretta; il ragionamento che ne conseguono, tuttavia, è frutto di un errore logico: glucosio ed acidi grassi sono continuamente convertiti l’uno nell’altro dal nostro organismo e, se io consumo una parte dei miei carboidrati durante la corsa, nel pasto successivo i carboidrati presi dal cibo non saranno convertiti in grassi, ma utilizzati per ricostituire le scorte di glucosio. L’effetto sarà lo stesso.
Quello che conta per il mero consumo calorico è, in realtà, il numero di chilometri percorsi nella seduta: se andando un po’ più veloce fate un po’ più di strada, il consumo energetico sarà maggiore.
Bisogna, però, considerare alcune cose
se partite ai quaranta all’ora, presto sarete così stanchi da non riuscire a fare una grande distanza: bisogna trovare un compromesso tra velocità e chilometraggio. Infatti, se per esempio faceste tanti tratti di 400 metri alla massima velocità, riposaste un po’ e poi ripartiste, alla fine avreste fatto meno chilometri di quelli che avreste realizzato mantenendo un’andatura da corsa lunga per tutto il tempo.
una corsa più intensa è molto più faticosa: non potete correre tutti i giorni per un’ora alla vostra massima andatura, come se ogni allenamento fosse una gara: alla fine sareste stanchi e dovreste fermarvi per diversi giorni, realizzando – a fine mese – un chilometraggio inferiore.
a parità (circa) di frequenza cardiaca, più siete allenati e più l’organismo utilizza prevalentemente acidi grassi per la corsa; questo significa anche che con l’allenamento si può correre più forte a parità di fatica; e significa che gli allenamenti a velocità un po’ più sostenuta sono utilissimi perché ci premettono di andare più forte negli allenamenti più lenti. Infatti, più l’organismo utilizza acidi grassi rispetto al glucosio, più prolungata può essere la nostra corsa.
Volendo limitare semplicisticamente il ragionamento al bilancio calorico (che abbiamo visto non essere lineare), per dimagrire bisogna che le calorie supplementari utilizzate per correre non siano compensate da un’alimentazione eccessiva.
Sudore e Dimagrimento – Cosa Sapere
Non c’è dubbio che l’aumentata emunzione sudoripara determinata dall’attività fisica contribuisca al benessere generale di una persona in sovrappeso, la quale magari abbia abitudini alimentari non idonee al proprio progetto di salute. Tuttavia – anzi, proprio per questo – è meglio chiarire le relazioni tra sudorazione e dimagrimento.
Chi suda molto perde peso: a volte si può registrare una differenza anche di diversi etti nel peso di una persona prima e dopo una grande sudata: considerando che il sudore pesa più dell’acqua, ad ogni litro di sudore disperso il peso diminuisce di un chilo abbondante…
Qualcuno deve aver pensato che il sudore è grasso che si scioglie: per fortuna così non è!… Il sudore deriva dalle ghiandole sudoripare, che producono questa sostanza derivando a loro volta i liquidi necessari dal sistema linfatico, il quale utilizza l’acqua libera in circolo nel corpo.
L’utilità nel sudore per noi consiste nel fatto che, quando evapora dalla pelle, sottrae calore al corpo, cioè ci raffredda. Se invece cade a gocce, o resta nei vestiti, non ci è utile.
Abbiamo detto che il sudore non è composto solo di acqua: contiene infatti una grande quantità di sostanze inorganiche, ed anche del glucosio. La composizione del sudore però varia moltissimo a seconda della persona, della sua alimentazione, del suo stato di idratazione, del momento del giorno…
Come che sia, sudando si disperdono acqua e sali minerali. Sia che si perdano troppi liquidi, sia che si perdano troppi sali, l’oranismo si tutela dalla disidratazione durante lo sforzo diminuendo la quantità di sudore prodotta nell’unità di tempo; a causa della ridotta sudorazione, se continuiamo nella nostra attività la temperatura corporea sale, aumentando il nostro disagio e la sudorazione medesima… Presto si è costretti a fermarsi.
La disidratazione profonda dei tessuti è tra le cause più importanti della cellulite, di parecchi problemi ad organi interni e muscoli, dell’aspetto avvizzito della pelle ecc. Non è possibile né fisiologico tentare di ridurre la quantità di acqua dell’organismo, a meno che non ve ne sia un eccesso in certi tessuti. Quell’eccesso, però, non si può smaltire sudando: dev’essere drenato per altre vie.